venerdì 3 aprile 2015

La psicologia positiva, Seligman

Martin Seligman, New York 1942
Il bisogno di dar vita alla psicologia positiva iniziò a farsi strada dopo la Seconda Guerra mondiale, quando si evidenziò che molte persone, in precedenza fiduciose e di successo, tendevano a divenire sfiduciate e depresse, dopo che la Guerra aveva sottratto loro i sostegni sociali, il lavoro, il denaro e lo status. Tuttavia queste problematiche, che avevano colpito un po’ tutti, non avevano le stesse pesanti ripercussioni su altri individui che, al contrario, mantenevano la loro serenità e il loro equilibrio. Da queste constatazioni nacquero interrogativi e supposizioni circa i punti di forza di chi riusciva a mantenersi forte e stabile.

Secondo il parere di Seligman, le risposte di Freud e di Jung non erano soddisfacenti. I tempi per fondare la psicologia positiva potevano considerarsi maturi.
Lo scopo fondamentale della psicologia positiva è quello di spostare il focus mirato dal riparare unicamente ciò che non funziona al costruire qualità positive orientate al benessere. 

La psicologia positiva si propone di studiare la forza e il talento che ha a che fare con il lavoro, l’educazione, il gioco, l’amore, l’introspezione, la formazione e crescita.
Per fare questo si parte dall’unicità dell’essere umano.

A livello individuale si focalizza sui tratti positivi individuali: le abilità intra e interpersonali, l’empatia, la perseveranza, la saggezza, il talento.
A livello di gruppo si focalizza sull’onestà e senso civico che spingono l’individuo a essere un buon cittadino: la responsabilità, il rispetto, l’altruismo, la civiltà, la moderazione, la tolleranza.

Alla base di questo approccio viene posto  il concetto di prevenzione, intesa come  valore imprescindibile per una società sana. È ovvio che la psicologia tesa a lavorare solo sulla risoluzione della malattia e sui punti deboli, non può essere efficace in termini di prevenzione e di mantenimento del benessere. 
Con l’affermarsi della Psicologia Positiva  gli individui non sono più considerati passivi, ma pienamente attivi, responsabili e consapevoli, artefici della propria vita.
Tutto questo conduce le persone ad essere in grado di assumersi maggiori responsabilità e di condurre stili di vita più sani a livello psicofisico, in modo da ri-orientare la psicologia verso un maggiore perseguimento di in ulteriore obiettivo: rendere le persone sane più resilienti (capaci di affronatare le avversità mantenendo un buon equilibrio) per raggiungere la massima espressione delle potenzialità umane.

I modelli di riferimento per la psicologia positiva sono riconducibili, da una parte, all’edonismo (Kahneman) in base al quale il benessere consiste nel piacere e nella felicità, dall’altra all’eudaimonia (Waterman), secondo il quale il benessere è qualcosa di più di una felicità astratta. Infatti, esso è legato alla possibilità di sviluppo delle potenzialità umane, all’affermazione della propria natura e dei propri talenti, fino a raggiungere una crescita interiore capace di portare una persona all’apice della soddisfazione e della gioia.

Rossana d’Ambrosio

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