mercoledì 5 novembre 2014

Metacognizione e intelligenza sociale


La metacognizione è un filone di studi, nel campo delle scienze cognitive, che intende porre il soggetto di fronte a una riflessione metodologica sul modo in cui si apprende; sul modo in cui le informazioni vengono recepite, catalogate e conservate nella nostra memoria.
La metacognizione è molto importante nello studio e nell’apprendimento e può sostenere, attraverso una serie di strategie mirate, i bambini e i ragazzi che presentano disturbi specifici dell’apprendimento.
Inoltre, la metacognizione pone l’accento sull’autoriflessività, attuabile grazie alla possibilità, peculiare della specie umana, di distanziarsi, auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali.
Per mentalizzazione o teoria della mente, invece, si intende la capacità di farci un’idea del pensiero degli altri, cercare di comprendere gli altri. Questo sta alla base della tolleranza, della non prevaricazione, del rispetto imprescindibile per evitare e prevenire ogni forma di bullismo.


Assimilare il cervello all’hardware di un computer e la mente al software necessario per il suo funzionamento è sicuramente sbagliato.
Ed è altrettanto sbagliato ipotizzare di riprodurre cervello e mente confezionando un’intelligenza artificiale.
Mentre il computer è stato progettato dall’uomo negli ultimi 25 anni, la mente umana si è plasmata nel corso di un’evoluzione naturale avvenuta nel corso di milioni di anni.
Lo stretto intreccio, fra cognizione ed emozione, ci fa comprendere come sia errata l’associazione fra mente e software.
La mente umana è in grado di fare, non solo modelli del mondo esterno per usarli come guida all’azione, ma anche modelli contenenti le menti altrui da usare come guida all’interazione sociale.
In questo senso è fondamentale il ruolo giocato dalle emozioni.
Per questo da un po’ di anni si parla dell’importanza dell’intelligenza emotiva (il primo a parlarne è stato lo psicologo Daniel Goleman) che è alla base dell’intelligenza intrapersonale (capacità introspettiva per comprendere le proprie emozioni) e dell’intelligenza interpersonale (capacità di valutare le emozioni altrui e rapportarsi agli altri).

Gli esseri umani possiedono una mente capace di operare su più livelli, mentre l’intelligenza artificiale è in grado di operare soltanto su un livello, che è stato definito livello 0.
Il computer vede dentro se stesso e tutto funziona se non sopraggiungono cambiamenti imprevisti.
Ma di fronte ad un ambiente che imprevedibilmente cambia, sono le emozioni a permetterci di modificare i nostri piani realizzando un nuovo programma adatto all’ambiente modificato.
Noi siamo in grado di gestire bene anche il livello 2, diventa poi difficoltoso gestire le cose quando si arriva ai livelli 3-4. Come in una sorta di scatole cinesi, ogni livello contiene dentro di sé quello successivo.

Facciamo un esempio.
IO SO CHE TU SAI CHE IO SO
(come nel celebre film con Alberto Sordi e Monica Vitti, 1982)
Livello 0 IO SO
Livello 1 IO SO CHE TU SAI
Livello 2 IO SO CHE TU SAI CHE IO SO

I bambini sotto i tre/quattro anni appiattiscono la mente degli altri sulla mente propria.
Lo stesso fanno alcune persone egocentriche e infantili che non sanno comprendere la diversa posizione altrui. Mostrano difficoltà nei processi di mentalizzazione i bambini con Autismo o Sindrome di Asperger.
Bambini neurotipici, che non presentano disturbi pervasivi dello sviluppo, all’età di quattro anni sono in grado di comprendere che il punto di vista degli altri può essere diverso dal proprio; infatti a questa età “la teoria della mente” si è già ben delineata.
Poi con l’esperienza, continuerà a consolidarsi e quindi si affinerà l’abilità di comprendere gli stati mentali degli altri, capire i loro pensieri, opinioni, desideri, intenzioni, per poi usare tali informazioni per entrare meglio in sintonia con gli altri, dando significato non solo alle parole ma anche al comportamento e riuscire a immaginare come potranno agire in seguito.
Questo significa essere in grado di prevedere le conseguenze che possono derivare dalle loro azioni, in modo da evitare situazioni che possano danneggiare loro stessi o gli altri.

Per verificare se un bambino sa leggere la mente altrui, mediante il processo di mentalizzazione, è possibile effettuare il test delle false credenze.
Questo test può essere effettuato con varie modalità, qui ne riportiamo un esempio, ma altre situazioni analoghe le potrete ricostruire voi nel vostro ambiente.
Il bambino sa che il cane tiene il suo giocattolo preferito dentro la cuccia.
Se noi, in presenza del bambino ma lontano dalla vista del cane, prendiamo il giocattolo e lo mettiamo nella scarpiera e poi domandiamo al bambino:
“Il cane dove cercherà il giocattolo?”
Un bambino di 4 anni normalmente risponde che il cane cercherà il giocattolo nella sua cuccia perché in effetti il cane non ha visto che è stato messo nella scarpiera.
Un bambino più piccolo, invece, risponderà nella scarpiera, cioè indicherà il posto dove lui sa che il gioco si trova veramente. Questo perché non è in grado di distinguere il suo punto di vista da quello degli altri.

© Rossana d'Ambrosio

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