venerdì 14 novembre 2014

Quando si sbaglia

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Ritengo importante nell’educazione dei bambini, un dialogo il più possibile paritetico, mettendoci sul loro piano e spiegando con semplicità non solo gli aspetti gioiosi della vita, ma anche le difficoltà, in modo da prepararli ad affrontare il mondo con la consapevolezza della fragilità umana, unita comunque al desiderio di combattere la non violenza, promuovendo altresì valori profondi.

In Francia si sta discutendo per introdurre, nel prossimo anno scolastico, come materia di studio “Morale laica”. Non sarà facile mettere a punto un programma ben definito, stabilendo dei confini etici anche nell’ambito di situazioni delicate e complesse.
So perfettamente che le insegnanti più sensibili, al di là delle materie che insegnano e dei programmi ministeriali cui si attengono, hanno sempre cercato di trasmettere nelle loro ore di lezione, quegli stessi valori che si trasmettono amorevolmente anche ai figli, affinché si possa diventare un giorno adulti in grado di vivere equilibratamente e di relazionarsi nel rispetto di tutti.
Certo non è facile educare tutti i bambini, specie quelli provenienti da situazioni difficili e disagiate, a non prevaricare gli altri, affrontando il bullismo, valorizzando l’intercultura e la solidarietà. 
Nell’ambito della premiazione del concorso “Una Favola al Castello” bandito dall’UNI3, tra le varie attività della giornata con intrattenimenti e merenda nella piazza Reale a Torino, abbiamo parlato anche di “chi sbaglia”, di chi è condannato a una pena e dei luoghi di detenzione.
Si è spiegato che tutti, ognuno nel proprio ambito, possiamo sbagliare e con umiltà è giusto imparare dai propri errori e ravvedersi. Da piccoli, i bambini possono sbagliare perché non hanno ancora compreso cosa è giusto e cosa invece non lo è. Quindi si può sbagliare in buona fede, senza pensare che certi errori possano ferire qualcuno o danneggiare qualcosa. Alcuni ragazzi possono continuare a sbagliare perché accanto a loro è mancata una figura di riferimento, oppure ci sono bambini che vivendo in ambienti disagiati e subendo loro stessi dei torti, tendono a perpetrarli su altri. Dietro ogni errore c’è, quasi sempre, una situazione di grande sofferenza o di ignoranza.
Tutto questo può essere compreso se c’è affetto e volontà nell’ambiente circostante, e quindi si può cambiare. Ma talvolta certe situazioni difficili si trascinano e da errori piccoli si arriva a errori più grandi, a volte irreparabili.
Chi ha sbagliato perseverando nei suoi errori è giusto che paghi o sconti una pena. Ma spesso queste pene sono inadeguate, nel senso che non servono a far crescere e maturare chi ha sbagliato.

Al tempo dei barbari, chi aveva provocato un danno a qualcuno veniva lasciato nelle mani dei familiari della vittima, perché ne facessero che cosa volevano.
Negli anni, il carcere è poi diventato luogo di detenzione. In certi casi veniva concepito come un luogo dove espiare una colpa, in altri come un luogo necessario per tenere rinchiusi soggetti ritenuti pericolosi.
Ma oggi il carcere, per i soggetti ritenuti non violenti o pericolosi, vogliamo che sia educativo o punitivo?
E poiché una società civile e progredita risponde quasi all’unanimità che deve essere educativo, va da sé che il sistema carcerario attuale appaia in molti casi inadeguato, sia per il sovraffollamento, sia per l’insufficienza di attività lavorative volte a un recupero costruttivo dei detenuti.

È interessante riflettere coi bambini e i ragazzi su questi argomenti, parlando con semplicità dell’importanza del rispetto delle regole, facendo comprendere che quando vengono infrante è giusto prevedere una penale (rinuncia di qualcosa o compenso col proprio lavoro). Tutto ciò ha un valore educativo e non punitivo in maniera fine a se stessa, perché in quest’ultimo caso si ricadrebbe in atteggiamenti simili alla vendetta.
           
Rossana d’Ambrosio (art. pubblicato su VivacementeDue 2012)

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